Quando si arriva alla città di Campomaggiore Vecchia, è il silenzio a fare da guida.
Silenzio avvolto da un sacrale rispetto, quasi come se quelle pietre potessero raccontare.
Immobilità. Incanto. Memoria.
Le costruzioni, distrutte e in disuso da anni, parlano. Si esplicano al visitatore, come un’estensione di una vita che ancora vuole vivere.
Un luogo spezzato, fermato dall’inesorabile Tempo, che tutto muta.
Tutto nasce da una decisione.
Un atto di coraggio, dopo una perdita. Così nasce la prima fase del borgo di Campomaggiore il 30 dicembre 1741, a cavallo quasi del nuovo anno. L’atto di fondazione è firmato da Marianna Proto, vedova del Conte Nicola Rendina, con i pochi coloni che erano già stanziati.
L’atto prevedeva che a chiunque avesse stabilito la propria dimora, venivano concessi un lotto di venti palmi per la costruzione della casa, terra da coltivare e altri benefici. In cambio i coloni si impegnavano a versare dei tributi in natura o in denaro e a svolgere dei lavori per i loro signori.
Ad accoglierne l’eredità sarà Teodoro Rendina, nipote di Marianna, verso la fine del XVIII secolo, il vero protagonista della crescita culturale, economica ed urbana del borgo.
Accompagnato dall’architetto Giovanni Patturelli, concepisce un modello di sistema viario e di edificazione a scacchiera dell’intera area gravitante attorno il centro cittadino.
Fa realizzare la Piazza dei Voti, baricentro di tutto lo schema urbano, come le antiche agorai, oltre che il palazzo dei Rendina, il municipio, la caserma dei Carabinieri Reali, la nuova chiesa parrocchiale e le strutture atte a ospitare i servizi e le botteghe per la comunità.
Successivamente il nipote, marchese Gioacchino Cutinelli-Rendina, studioso di botanica ed esperto di agricoltura, darà impulso all’economia rurale così come alla creazione di nuovi quartieri, continuando quella tradizione innovatrice che farà di Campomaggiore un luogo simbolo di progresso.
In 140 anni il borgo passa da circa 80 a 1525 abitanti.
Ma le calamità naturali non erano prevedibili, la furia della natura non sempre può essere fermata. Così, il 10 febbraio 1885, una frana manda in frantumi il sogno di prosperità e di pace di Campomaggiore e della città ideale, facendo scivolare lentamente il paese verso valle e determinando la distruzione dei suoi edifici.
La popolazione trova riparo nelle strutture rurali della famiglia Rendina, poco più a monte del paese, o nelle campagne circostanti, assistendo impotente alla distruzione delle proprie abitazioni, così tanto sognate.
Ancora un’altra figura femminile, la moglie del Cutinelli, Laura Antonacci, traccerà la storia di questo. facendosi carico degli sfollati, accogliendoli e sostenendo anche parte della costruzione della chiesa parrocchiale nel nuovo centro (edificato a monte).
Due donne, Marianna Proto e Laura Antonacci, racchiudono – in un simbolico abbraccio materno – la nascita e la morte di un borgo, accompagnando la rinascita di una comunità verso un nuovo destino.